Dorit
Rabinyan è una scrittrice di
origine iraniana e vive a Tel Aviv. Il suo primo romanzo,
scritto all’età di ventidue anni è stato tradotto in otto
paesi col titolo di “Spose persiane”.
“Le
figlie del pescatore persiano” è un romanzo appassionato,
narrato in modo delizioso e ricco di particolari, la storia
ruota intorno alle vicende domestiche di tre generazioni, ci
rivela i particolari piccanti e drammatici di una famiglia
persiana , ancorata ai valori della famiglia, alle
superstizioni, alla religione, alle tradizioni della loro
cultura. Solli e Iran, il padre e la madre vivono la loro storia
d’amore legati da un lungo filo bianco che avvolge quasi
seimila perle, il prezioso abito da sposa di Iran, la sua dote
per iniziare un destino di madre.
I
loro cinque figli intrecceranno ognuno una vicenda diversa, ma
tutti strettamente legati al loro nido resteranno attaccati con
le mani di latte alla gonna inamidata della mamma Iran.
Maurice,
il primogenito, conserverà per sempre la sua incapacità di
amare, giustificato dal suo cuore sviluppato in una parte del
corpo sbagliata, e resterà felice solo tra i peli grigi dei
seni di una vecchia prostituta, Sofia, la bellissima e alta
Sofia passerà la sua vita tra i sogni e il sonno, incapace di
stare sveglia e vegliare sulla sua vita, sarà in grado soltanto
di vegliare i suoi spiccioli sonanti, tanto che per vegliarli
meglio sposerà un uomo ricco che non ama e avrà un bambino blu
che per condanna la terrà sveglia intere nottate. E mentre
Sofia dorme i suoi sonni d’infanzia la piccola Marcelle scopre
le creature della notte, i libri, le ombre, il buio, incapace di
dormire si creerà un mondo notturno dove imparerà ad amare un
ragazzo che poi diverrà il suo sposo per un giorno. Dopo di
loro un’altra figlia femmina Lizze, amaramente condannata
all’amore facile, al tocco leggero delle sue stesse dita
sin da piccola, portata a donarsi con leggerezza, e con
altrettanta leggerezza prendersi il suo piacere e lasciare
andare via per sempre colui a cui lo ruba. Tutto ciò le porta
un bambino immaginario e tanti lividi sul corpo sul quale
aleggia un pesante odore di alcool.
Ultima
la piccola Matti, una bambina che porta dentro di se il ricordo
del fratello gemello nato morto, il piccolo Moni. Matti vive in
un istituto per ragazzini disturbati, ed è l’ultima figlia,
la più fragile, ha un suo modo di vedere le vicende che ruotano
intorno alla sua famiglia, e tutto ciò che vede, che
vive, lo condivide con il fratellino Moni, finché un giorno,
anche alla piccola Matti succede il piccolo miracolo della
crescita. Tutto allora sembra acquisire un nuovo volto di
speranza. |