LIBRI

di Marika Campeti

Non ti muovere” di Margaret Mazzantini 

vincitore premio Grinzane Cavour 2002 e del premio Strega 2002 

 

Non ti muovere, ripete la  Mazzantini  nelle pagine del suo romanzo. E tu non ti muovi, resti attonito, rapito, incantato, resti immobile. Non ti muovi mentre le pagine ti scorrono sotto le dita e non puoi fermarti, non puoi fermarle. Le vedi quelle parole nere divenire immagini, le frasi che ti arrivano al cervello come flash fotografici. Ti sembra di leggere un film, un film troppo familiare, troppo dentro di te per spegnere l’interruttore. Sembra che non trovi mai la punteggiatura, mai un punto che segni la fine. Per piegare l’angolo della pagina e riporre il libro. No. Perché questo è un romanzo da leggere in un solo giorno. Perché corre. Corre come il motorino di Angela, Angelo custode, figlia, madre, ascoltatrice di un uomo-padre disperato e consapevolmente medico. Corre sull’asfalto bagnato della tua mente, e scivola sul passato fradicio, e cadi mentre quella verità schietta, quel sentimento nero e cupo che è il terrore ti invade. Perché anche tu hai avuto una esperienza drammatica che ti ha messo di fronte a te stesso nudo, con tutti i tuoi difetti al vento, tutte le parti del corpo che non puoi più coprire. E hai visto gli attimi della tua vita che non hai detto, che hai nascosto, zampillare in rossi fiotti di sangue dalla tua memoria muta. Timoteo: la tua coscienza. Di fronte alla morte della sola cosa che ha creato col suo amore, sua figlia, si spezza come un ramo al vento. Cade tutta l’impalcatura ferrea di un uomo affermato  e di successo, cade la maschera della mediocrità. Affiora la cruda verità dal profondo dell’anima. Quella verità che ti vergogni di tirare fuori tanto è bassa e profondamente legata al tuo istinto, tanto è astratta e diversa dal tuo modo abituale di comportarti. Quei piccoli nei scuri nel passato che formano una voragine nera man mano che si accumulano. E non ti danno scampo. Perché escono. Prima o poi escono fuori. E ti dilaniano. Angela, la sua adolescenza appena sbocciata. Timoteo, il padre chirurgo che si ritrova incapace di assumersi la reponsabilità di salvarla. Non dalle mani con cui l’ha fatta nascere può rischiare di ucciderla. Un suo collega prende il bisturi al suo posto. E lì nel corridoi dell’ospedale tutti i suoi segreti escono fuori, confessati alla figlia sorda e alla sua coscienza intorpidita. Timoteo si svela il suo più grande  amore, la sua unica passione nella sua vita. Talmente forte da essere ossessivamente innaturale per un uomo ricco e colto come lui. La sua amante, dal nome così grossolano, Italia, l’unica donna che aveva davvero amato, e disprezzato allo stesso tempo, per la sua ignoranza, la sua bruttezza, la sua trascuratezza. Eppure aveva bisogno di lei. Perché rispecchiava la sua  anima, bassa, carnale, il suo istinto ,lei sola era l’amore,  l’amore folle. E quest’uomo si immerge di nuovo in quei capelli così stupidi, quel corpo così banale e quell’animo gentile  e scontato che era la sua amata Italia. Ammette che quello è stato il suo unico vero amore. La sua mente razionale e lucida era sconfitta di fronte all’odore forte di quel legame che lo portava sempre tra quelle braccia, tra quelle mura sporche, tra quelle gambe ossute. La mente aveva perso. L’amore era troppo forte. Quel sentimento che ti strappa via i sensi, che ti acceca gli occhi per non vedere più nulla oltre lui, che ti taglia le vene per gocciolarti sul corpo goccia  a goccia. L’amore disperato, che si capisce quanto forte sia, per quanto fa star male. Tutto questo amore che Timoteo ha sepolto in fondo al cuore, esplode nei suoi singhiozzi mentre aspetta che la porta della camera operatoria si apra. Angela diventa il suo confessore, il dolore del padre risveglia l’io dell’uomo, del maschio sventrato nel suo profondo inconscio. Timoteo si apre come il cranio di Angela sotto il bisturi, si sviscera di questa colpa così sua, così forte e indimenticabile. E corre all’indietro sui suoi passi corsi col fiatone accanto ad Italia, la sua droga, la sua pazzia. E come si può non trovare anche nella tua anima una colpa così bella, così profonda. E se verrà fuori anche tu sanguinerai e ti opererai la memoria col bisturi. Diventi il personaggio, questo romanzo non racconta, ma vive in te. Vive sotto i tuoi occhi mentre sei tu a parlare a tua figlia in coma. Una straordinaria interpretazione della scrittrice,  una donna che si immedesima in un uomo, che viaggia dentro di lui per farti arrivare il suo messaggio dalle sue labbra, che  pensa come un uomo, con l’ego di un uomo, e le insicurezze di un uomo. E ti parla però dell’amore per una donna.. dell’universo delle donne, la moglie, la figlia l’amante. Delle gambe umide delle donne viste dal narcisistico io di un uomo affermato.  Il finale che ti lascia col fiato mozzato. Sei amareggiato e sollevato, tiri un respiro di sollievo ma pensi tristi che l’ amore delle favole quello che finisce sempre bene non esiste davvero. Perché non è una favola che hai letto e vissuto. Ma la realtà. Cruda, con tutti i suoi risvolti più nascosti e dolorosi. E che ti resta dopo aver chiuso il libro rimasto con le pagine lisce senza nemmeno un orecchietta laterale? Lo guardi un attimo con la sua copertina verde che si trasforma in uno specchio pulito. Sei tu il protagonista?Un amaro senso di colpa ti fa guardare intorno. Sembra che la Mazzantini abbia scoperto un tuo segreto. E ti accorgi che queste trecento pagine sono il bisturi che ti ha aperto la coscienza. E cominci a confessare te stesso.

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