Non
ti muovere, ripete la
Mazzantini
nelle pagine del suo romanzo. E tu non ti muovi, resti
attonito, rapito, incantato, resti immobile. Non ti muovi mentre
le pagine ti scorrono sotto le dita e non puoi fermarti, non
puoi fermarle. Le vedi quelle parole nere divenire immagini, le
frasi che ti arrivano al cervello come flash fotografici. Ti
sembra di leggere un film, un film troppo familiare, troppo
dentro di te per spegnere l’interruttore. Sembra che non trovi
mai la punteggiatura, mai un punto che segni la fine. Per
piegare l’angolo della pagina e riporre il libro. No. Perché
questo è un romanzo da leggere in un solo giorno. Perché
corre. Corre come il motorino di Angela, Angelo custode, figlia,
madre, ascoltatrice di un uomo-padre disperato e consapevolmente
medico. Corre sull’asfalto bagnato della tua mente, e scivola
sul passato fradicio, e cadi mentre quella verità schietta,
quel sentimento nero e cupo che è il terrore ti invade. Perché
anche tu hai avuto una esperienza drammatica che ti ha messo di
fronte a te stesso nudo, con tutti i tuoi difetti al vento,
tutte le parti del corpo che non puoi più coprire. E hai visto
gli attimi della tua vita che non hai detto, che hai nascosto,
zampillare in rossi fiotti di sangue dalla tua memoria muta.
Timoteo: la tua coscienza. Di fronte alla morte della sola cosa
che ha creato col suo amore, sua figlia, si spezza come un ramo
al vento. Cade tutta l’impalcatura ferrea di un uomo affermato
e di successo, cade la maschera della mediocrità.
Affiora la cruda verità dal profondo dell’anima. Quella verità
che ti vergogni di tirare fuori tanto è bassa e profondamente
legata al tuo istinto, tanto è astratta e diversa dal tuo modo
abituale di comportarti. Quei piccoli nei scuri nel passato che
formano una voragine nera man mano che si accumulano. E non ti
danno scampo. Perché escono. Prima o poi escono fuori. E ti
dilaniano. Angela, la sua adolescenza appena sbocciata. Timoteo,
il padre chirurgo che si ritrova incapace di assumersi la
reponsabilità di salvarla. Non dalle mani con cui l’ha fatta
nascere può rischiare di ucciderla. Un suo collega prende il
bisturi al suo posto. E lì nel corridoi dell’ospedale tutti i
suoi segreti escono fuori, confessati alla figlia sorda e alla
sua coscienza intorpidita. Timoteo si svela il suo più grande
amore, la sua unica passione nella sua vita. Talmente
forte da essere ossessivamente innaturale per un uomo ricco e
colto come lui. La sua amante, dal nome così grossolano,
Italia, l’unica donna che aveva davvero amato, e disprezzato
allo stesso tempo, per la sua ignoranza, la sua bruttezza, la
sua trascuratezza. Eppure aveva bisogno di lei. Perché
rispecchiava la sua
anima, bassa, carnale, il suo istinto ,lei sola era
l’amore,
l’amore folle. E quest’uomo si immerge di nuovo in
quei capelli così stupidi, quel corpo così banale e quell’animo
gentile
e scontato che era la sua amata Italia. Ammette che
quello è stato il suo unico vero amore. La sua mente razionale
e lucida era sconfitta di fronte all’odore forte di quel
legame che lo portava sempre tra quelle braccia, tra quelle mura
sporche, tra quelle gambe ossute. La mente aveva perso.
L’amore era troppo forte. Quel sentimento che ti strappa via i
sensi, che ti acceca gli occhi per non vedere più nulla oltre
lui, che ti taglia le vene per gocciolarti sul corpo goccia
a goccia. L’amore disperato, che si capisce quanto
forte sia, per quanto fa star male. Tutto questo amore che
Timoteo ha sepolto in fondo al cuore, esplode nei suoi
singhiozzi mentre aspetta che la porta della camera operatoria
si apra. Angela diventa il suo confessore, il dolore del padre
risveglia l’io dell’uomo, del maschio sventrato nel suo
profondo inconscio. Timoteo si apre come il cranio di Angela
sotto il bisturi, si sviscera di questa colpa così sua, così
forte e indimenticabile. E corre all’indietro sui suoi passi
corsi col fiatone accanto ad Italia, la sua droga, la sua
pazzia. E come si può non trovare anche nella tua anima una
colpa così bella, così profonda. E se verrà fuori anche tu
sanguinerai e ti opererai la memoria col bisturi. Diventi il
personaggio, questo romanzo non racconta, ma vive in te. Vive
sotto i tuoi occhi mentre sei tu a parlare a tua figlia in coma.
Una straordinaria interpretazione della scrittrice,
una donna che si immedesima in un uomo, che viaggia
dentro di lui per farti arrivare il suo messaggio dalle sue
labbra, che
pensa come un uomo, con l’ego di un uomo, e le
insicurezze di un uomo. E ti parla però dell’amore per una
donna.. dell’universo delle donne, la moglie, la figlia
l’amante. Delle gambe umide delle donne viste dal narcisistico
io di un uomo affermato.
Il finale che ti lascia col fiato mozzato. Sei
amareggiato e sollevato, tiri un respiro di sollievo ma pensi
tristi che l’ amore delle favole quello che finisce sempre
bene non esiste davvero. Perché non è una favola che hai letto
e vissuto. Ma la realtà. Cruda, con tutti i suoi risvolti più
nascosti e dolorosi. E che ti resta dopo aver chiuso il libro
rimasto con le pagine lisce senza nemmeno un orecchietta
laterale? Lo guardi un attimo con la sua copertina verde che si
trasforma in uno specchio pulito. Sei tu il protagonista?Un
amaro senso di colpa ti fa guardare intorno. Sembra che la
Mazzantini abbia scoperto un tuo segreto. E ti accorgi che
queste trecento pagine sono il bisturi che ti ha aperto la
coscienza. E cominci a confessare te stesso. |