Considero
questo libro assolutamente sopravvalutato, indiscutibilmente non
meritevole di tutto il successo che ha ottenuto dalla sua
pubblicazione ad oggi. Innanzitutto sbagliatissima la
classificazione di genere. Quello di Melissa P. non è un libro
di letteratura erotica, ma è drammatico, senza ombra di dubbio.
Forse
tutti gli articoli che ho letto sui giornali o sul web che
elogiano il “lirismo” peraltro inesistente, e la
“modernità del linguaggio” con cui una ragazzina
“matura”parla delle esperienze sessuali delle adolescenti
sono stati scritti da uomini, perché non credo che una donna
possa eccitarsi, provare gusto, o elogiare ciò che si racconta
nel libro. No, credo piuttosto che possa inorridire, piangere,
rammaricarsi. In realtà capisco che un uomo poco attento
potrebbe trovare i racconti della ragazzina molto piccanti e
intriganti, a livello descrittivo, come a guardare una foto. Ma
non è così che va letto un libro, tutto ciò che è
raccontato, è raccontato con tristezza, vergogna, mesta
rassegnazione.
Come
si può considerare erotico un libro che parla di una ragazzina
senza personalità che non sa di re di no a niente?
Il
mio non è un giudizio bigotto, ben venga il divin marchese Sade,
Anais Nin, La Grandes, e tutti i maestri della letteratura
erotica da cui trapela il sesso vissuto con consapevolezza
seppur folle. In Sade c’è quanto di più perverso si può
trovare nella letteratura, ma dal suo genio trapela la sua
follia, la sua filosofia pazza, e ciò ce lo fa accettare. Tutto
è fatto con vero godimento dei sensi. Da Melissa P. trapela
l’incapacità di sapersi comportare, l’odio per se stessi,
lo squallore di non riuscire a rifiutare tutto ciò che di
perverso le viene proposto.Il crearsi una maschera di donna
perversa per la paura di guardarsi davvero.
Questo
libro è descritto da alcuni critici come un percorso interiore
di una ragazza che scopre il sesso nei suoi 16 anni. Come si
può fare un percorso interiore facendo sesso con chi ci capita,
sottostando alle umiliazioni di chiunque, alle violenze fisiche
e psicologiche di uomini e donne svariati solo perché non siamo
in grado di dire di no, e badate bene non perché lo vogliamo.
E’
triste leggere di questa ragazzina che si da senza anima a tutti
e lo racconta in un modo così squallido, e piange perché non
ha saputo dire di no.
Anche
il salvataggio finale è falso.
In
realtà Melissa non si è salvata, perché è sempre ad un altro
che ha affidato la sua vita, si, ad un ragazzo buono, gentile,
che si presuppone potrebbe darle l’amore che tutti gli altri
uomini di cui non ricorda magari il viso ma solo l’organo
sessuale non le hanno saputo dare, ma non è da se stessa che è
iniziato il cambiamento, non è lei che ha detto NO, è
all’esterno che ha trovato l’ancora, non dentro di se.
Io
mi auguro che questo libro capiti nelle mani di pochissime
ragazzine di 16 anni, anche se è difficile perché se ne è
parlato fin troppo. Sarebbe molto triste che le ragazze si
convincessero che il sesso si debba scoprire così come fa
Melissa, che dire no è da bambine, che farsi degli scrupoli è
da immature, che è meglio liberarsi subito dei pudori
altrimenti non si viene accettate dalla società e non si è
capaci di soddisfare un uomo.
No.
Dire no a quello che non ci piace e che non vogliamo fare è la
più alta dimostrazione d’amore per noi stesse.
Tutti
hanno diritto di fare sesso come e quanto vogliono e a qualunque
età vogliono, ma devono compiacersi di questo e non sentirsi
intrappolati in un tunnel perverso al quale non si fa parte.
Inoltre
il libro non è affatto scritto bene, la scrittura è povera,
banale, direi annoiata.
L’unica
nota a favore è la citazione di Kubrick, dal film
“Lolita”anche se un po’ sacrilega, come a voler paragonare
il capolavoro del genio Newyorkese alle confidenze squallide di
una ragazzina presuntuosa.
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