La visita al centro africano era stata prevista alle 10 e 30 di lunedì 15 ma, essendoci un'assemblea degli insegnanti, siamo entrati a scuola alle 10 e 45. Una volta entrati in classe, abbiamo estratto il block notes e una penna, io mi ero portata una macchinetta fotografica. Mentre aspettavamo gli altri, tutti eccitati ed emozionati, pensavamo a dove si trovasse il centro africano. Dopo che tutti siamo arrivati, la maestra Angela e la maestra Caterina ci hanno fatto mettere in fila per uscire. La maestra Caterina si era fermata a chiedere indicazioni a una signora di colore che gentilmente le ha fornite. Una volta arrivati al centro, la maestra Caterina ci ha dato un foglio con delle domande. Una signora che lavorava lì ci ha fatto accomodare in una sala vicino al corridoio per rispondere alle nostre curiosità. Ci ha detto che il centro era aperto da quattro anni, che era sovvenzionato dal comune di Roma e che ospitava circa venti bambini, dall'età di sei mesi fino ai sei anni e in estate anche bambini più grandi fino a  quattordici anni di età.. Essi si sono stabiliti a Torre Maura per due ragioni: la prima è che solo qui avevano trovato un locale a buon prezzo e poi perché a Torre Maura si trovavano più immigrati di colore, i soli che li accolgono. Lo scopo del centro, infatti, è quello di mettere a proprio agio i nuovi arrivati, far conoscere loro la lingua e le usanze italiane, senza creare rotture con quelle di loro appartenenza. Ci ha spiegato anche che in Africa, in ogni località si parla una lingua diversa e che spesso i bambini sono costretti ad imparare la lingua dei genitori e anche l'inglese, che è la lingua che li accomuna. La nostra attenzione, poi, è stata attratta da uno strumento che era uguale allo xilofono, che noi conosciamo e si diversificava solo per il fatto che era costruito con legno e con solide bucce di un frutto legate a dei fili. Dopo averci detto tutto questo, la signora ci ha fatto vedere le stanza dove i bambini giocano, che in quel momento era vuota perché i bambini stavano giocando fuori. Nella stanza accanto c'erano dei materassini accostati, dove i bambini stanchi possono dormire. Una volta arrivati in cortile, abbiamo scattato una foto ricordo e ci siamo messi a giocare con loro. Quando è arrivata l'ora di andarsene, tutti tristi siamo partiti, lasciando il centro dove i bambini si erano mischiati a noi. Parlando e ridendo, siamo ritornati a scuola, dove abbiamo deciso di raccogliere un po’ dei nostri giocattoli inutilizzati, da donare ai piccoli africani. 

La classe V B

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