Comitato di quartiere

Verde pubblico: siamo fermi al 1996
Piste ciclabili: un po' di storia
Pedonabilità: un quartiere impraticabile
CdQ
CdQ
CdQ
CdQ
CdQ
CdQ
CdQ
CdQ

VERDE PUBBLICO

Quand'è che impariamo a paesagire?

Fin dall'infanzia la mente si forma con un'esperienza quotidiana fatta di immagini e suoni.  Il "paesaggio" si fissa nella mente con le immagini che, giorno dopo giorno, scorrono davanti ai nostri occhi. C'è chi cresce con il verde dei boschi negli occhi, chi con il mare, chi con la montagna, chi con la città. Questo ricordo funziona, nell'età adulta, come termine di paragone con la realtà attuale e con i suoi cambiamenti. Chi ricorda via Casilina come un viale alberato? Chi ricorda che si andava a Don Bosco passando per i prati? Per quelli come me, quarantenni, facendo oggi un paragone avverto un disagio fra la normalità di allora e le anormalità del "paesaggio" di oggi. Pensando agli attuali adolescenti penso al loro paesaggio, che a mio modo di vedere è caratterizzato da una serie di elementi fortemente negativi, che sarà la loro "normalità". Una normalità fatta di strade congestionate dalle automobili, da piazze occupate da banchi fatiscenti e

 

 

cassonetti, dalla mancanza di marciapiedi per camminare. Anche il paesaggio "umano" lascia a desiderare per senso civico e rispetto degli altri. Quand'è che impariamo a paesagire? si chiedeva Marco Paolini. Bisogna "agire" sul paesaggio. Reclamare dagli amministratori interventi in funzione di una migliore vivibilità del quartiere per le persone. Impegnare una parte del proprio tempo anche per il proprio quartiere, così come facciamo per abbellire una parete della nostra casa o con le piante sul balcone. Dobbiamo estendere il nostro senso di proprietà dalle mura domestiche, dalla macchina, anche ai marciapiedi, ai parchi del quartiere. Sono di nostra proprietà anche questi elementi del paesaggio urbano. Una proprietà condivisa con gli altri, quindi da costruire con gli altri. Impariamo a "paesagire"!

Alessio Carlo Venanzi